mercoledì 30 marzo 2011

Mariana - traduzione Buttitta

Um povo

coloque-o na cadeia

dispa-o

tape-lhe a boca

ainda é livre.

Leve seu trabalho

o passaporte

a mesa onde come

a cama onde dorme

ainda é rico.

Um povo

torna-se pobre e servo

quando é roubada sua língua

recebida dos pais:

está perdido para sempre.

Torna-se pobre e servo

quando as palavras não

são mais palavras

e devoram-se entre si.

Recordo-me agora,

enquanto afino o violão

do dialeto

que perde uma corda

a cada dia.

Enquanto conserto

a tela corroída por traças

que nossos antepassados teceram

com lã de ovelhas

sicilianas.

E sou pobre:

tenho dinheiro

mas não posso gastar;

jóias

e não as posso presentear ;

o canto

na gaiola

com as asas cortadas.

Um pobre

que é amamentado de

seios secos

da mãe adotiva,

que o chama filho por zombaria.

Tínhamos nossa mãe

e nos roubaram;

tinha seios

fartos de leite

e todos beberam dele

agora cospem.

Nos restou sua voz,

a cadência,

a nota baixa

do som e do lamento:

isto não nos podem roubar.

Não nos podem roubar,

e continuamos pobres e órfãos.

la poesia di Ignazio Buttitta

Lingua e dialettu

Un populu
mittitilu a catina
spughiatilu
attuppatici a vucca
è ancora libiru.

Livatici u travagghiu
u passaportu
a tavula unnu mancia
u lettu unnu dormi,
è ancora riccu.

Un populu
diventa poviru e servu
quannu ci arrubbanu a lingua
addutata di patri:
è persu pi sempri.

Diventa poviru e servu
quannu i paroli non figghianu paroli
e si mancianu tra d'iddi.
Mi nn'addugnu ora,
mentri accordu la chitarra du dialettu
ca perdi na corda lu jornu.

Mentre arripezzu
a tila camuluta
ca tissiru i nostri avi
cu lana di pecuri siciliani.

E sugnu poviru:
haiu i dinari
e non li pozzu spènniri;
i giuelli
e non li pozzu rigalari;
u cantu
nta gaggia
cu l'ali tagghiati.

Un poviru
c'addatta nte minni strippi
da matri putativa,
chi u chiama figghiu
pi nciuria.

Nuàtri l'avevamu a matri,
nni l'arrubbaru;
aveva i minni a funtana di latti
e ci vìppiru tutti,
ora ci sputanu.

Nni ristò a vuci d'idda,
a cadenza,
a nota vascia
du sonu e du lamentu:
chissi non nni ponnu rubari.

Non nni ponnu rubari,
ma ristamu poviri
e orfani u stissu.

Lingua e dialetto


Un popolo
mettetelo in catene
spogliatelo
tappategli la bocca
è ancora libero.

Levategli il lavoro
il passaporto
la tavola dove mangia
il letto dove dorme,
è ancora ricco.

Un popolo
diventa povero e servo
quando gli rubano la lingua
ricevuta dai padri:
è perso per sempre.

Diventa povero e servo
quando le parole non figliano parole
e si mangiano tra di loro.
Me ne accorgo ora,
mentre accordo la chitarra del dialetto
che perde una corda al giorno.

Mentre rappezzo
la tela tarmata
che tesserono i nostri avi
con lana di pecore siciliane.

E sono povero:
ho i danari
e non li posso spendere;
i gioielli
e non li posso regalare;
il canto
nella gabbia
con le ali tagliate.

Un povero
che allatta dalle mammelle aride
della madre putativa,
che lo chiama figlio
per scherno.

Noialtri l'avevamo, la madre,
ce la rubarono;
aveva le mammelle a fontana di latte
e ci bevvero tutti,
ora ci sputano.

Ci restò la voce di lei,
la cadenza,
la nota bassa
del suono e del lamento:
queste non ce le possono rubare.

Non ce le possono rubare,
ma restiamo poveri
e orfani lo stesso.

Relazione Bismarck 28-03-2011: la scelta tra i due dialetti

Nel 1494 Carlo VIII di Francia è entrato nella penisola con venti mila mercenari svizzeri e tedeschi . Nel 1527 Carlo V invade la penisola e distrugge Roma, “Sacco di Roma”. Come è conosciuto l´episodio. La conclusione è che il nord d’italia viene dominato dalla Francia e il Sud dalla Spagna. Con la crisi del 1500 e con l´insieme delle invasioni viene dimenticata la proposta dell’unificazione della lingua italiana, perché l´unificazione política appare più lontana che mai. Nel 1602 sorge l´Accademia della Crusca. Da crusca, la parte che si toglie dal chicco di grano e che non viene usata per il pane. Metafora della purificazone della lingua, i fondatori fiorentini della Accademia. della crusca volevano purifcare la lingua italiana da ogni termine ritenuto ''infangante'' perchè straniero, o creato dal volgo. Si voleva conservare l’idea dell’ unificazione della lingua ma non c´era appoggio político. Sorge un paradosso : esisteva una discreta tendenza all´unificazione, poiché Dante aveva dimostrato che era possibile, perché il fiorentino aveva un prestigio internazionale grande e perché “l´italiano” veniva reputato una lingua forte che si appoggiava a una cultura forte (che aveva a sua volta una base económica fortissima). Al momento dell´unificazione (1861) si sono presentate due possibilità: la scelta di una città con grande influenza artistica come Firenze ossia la scelta del dialetto fiorentino come lingua per il nuovo stato italiano o la scelta di una mescolanza di dialetti per potere procedere più “democraticamente”. con lingua. Isaia Ascoli, un lingüista, difende la scelta di una mescolanza lingüística democratica mentre Alessandro Manzoni lotta per la scelta del fiorentino. Manzoni ha scritto un suo romanzo storico nel 1827, e lo ha scritto in “lombardo”: il titolo è I promessi sposi (Os noivos). Nel 1842, Manzoni ne ha pubblicato una versione in fiorentino e ha fatto un dizionario. È possibile dire che la scelta del fiorentino era allora probabilmente irreversibile. Però occorre aggiungere che è stata imposta con estrema violenza. Dopo l´unificazione del 1861 ci sono stati denomeni che hanno mostrato l´aggressività del nuovo regime: i professori d’ italiano sono stati dislocati a forza nelle varie regioni, per non parlare italiano. Il’brigantaggio meridionale’ iè stato un atto di ribellione del Meridione, bollato ingiustamente come rivolta criminale. E, infine, l´emifgrazione di milioni di persoene rtra il 1874 e il 1914 ha mostrato l´incapacità del nuovo stato.

“Itaglia[i]”/ Italia: Un paese centrifugo e “litigioso”.

Relazione di Mariana Braga, lezione Fundital del 23-3-2011

Possiamo dire che l’Italia è un paese, la cui tradizione è di carattere centrifugo. Si puó aggiungere che lo stereotipo più usato per definire la convivenza italiana è quello della litigiosità, della rivolta contro il controllo centrale, quella della critica permanente al gioverno… Effettivamente, l´insieme di culture, tradizioni, etnie, lingue e dialetti diversi che vi convivono (negli “ultimi” duemila anni), creano occasioni per dei conflitti, che sono in un certo senso naturali (la diversità dioopinione), ma che nel passato (in Sicilia, con il movimento separatista) e nell´attualità (con una politica della Lega Nord apertamente contraria all´integrazione e che difende un forte razzismo nei confronti degli immigrati) continua ad alimentare problematiche anche drammatiche (difesa in passato delle armi per difendere la seccessione al Nord).

Si può dire che l’unificazione, di cui si celebrano i 150 anni nel 2011, mostra i segnali del suo logoramento (quasi un disastro). Le città italiane convivono male la situazione dell´ unificazione. Inoltre, ci sono molte città in cui un numero consistente dei cittadini è a favore del separatismo, ossia, significa dire che il processo di unificazione è difettoso.

L’Italia è nata come nazione, a partire da una tradizione culturale e da una lingua, prima di divenire uno stato. I monumenti architettonici erano già imponenti (nel 1300-1500) , le chiese erano già magnifiche, l’architettura grandiosa, c’erano gli autori più grandi come Dante, Boccaccio, Petrarca e grandi pittori, scultori e architetti. Un´ipotesi che può essere fatta sul perché il sistema capitalista comincia il suo cammino nella penisola italiana con lle prime città (Venezia, Milano, Roma, Napoli, e sopratutto Firenze) è la seguente: L´impero romano ha lasciato come eredità un enorme patrimonio tecnologico e, allo stesso tempo, c´era un sistema di comunicazioni formidabili.

Su questa base, un´ipotesi è che le città italiane (alcune difese dall´”estero”, cioè dall´impero bizantino) godevoano di particolare libertà (rsipetto alle città francesi o tedesche o inglesi), pur avendo una ricchezza smisurata in tecnologia da utilizzare (mezzi di comunicazione, monete, ecc.). Il costo dell’amministrazione dell´impero era diventato però impraticabile (costo di percentuali che rimanevamnno ai governi provinciali, ai proconsoli, agli amminustratori), per cui non era più possibile un governo centrale. Quando l’imperio romano è crollato, le altre la penisola diviene preda di ambizioni esterne (altri barbari oltre a i Goti, i Longobardi, i Normanni, i bizantini) e, allo stesso tempo, si accende una rivalità fra le città della penisola per l´amministrazione del potere centrale.

L’impero romano aveva sviluppato una enorme rete tecnologica e lascia in eredità questa conoscenza a tutte le città conquistate, ma in particolare alle città della penisola italiana. Il primitivo capitalismo nasce quindi su questo terreno favorevole, e sviluppa ben presto uno strumento fondamentale e semplice: la lettera di credito che, insieme alla conoscenza tecnologicblog a dava un formidabile impulso alle città ex romane e ora medievali. .

L’economia medievale era basata sullo scambio di oro (residuo dell´epoca della fioritura dell´impero) con le spezie dai mercati orientali. Con l’esaurimento dell’oro, i mercanti e gli avventurieri (i navigatori) avevano la necessità di cercarlo in altre regioni. Naturalmente, la situazione per quanto riguardava la sicurezza, dopo il crollo dell´impero, era divenuta critica (banditi, pirati). Erano costanti gli attacci dei “barbari” (sebbene per es. Nel Decameron, si parla di navigatori italiani che, sorpresi dai pirati, a loro volta sono diventati pirati, senza nessun problema “morale”).

L’Italia del 1861 è completamente diversa dell’Italia da quella del ´300: è più povera, è un ´Italia analfabeta e sostanzialmente sottosviluppata.


[i] In “La tenzone” del 1948 Emilio Villa, poeta straordinario, espressionista e avanguardista (1916-2003) scrive: “Itaglia squaldrana, m´han fututo, te sculacia!/ uarda el tuo ducio che s´impizza da piedi sul travone”. In VILLA, Emilio, Opere I.,1989, p 164

Si tratta dell´immagine del duce del fascismo, impiccato per i piedi nel 1945. L´Italia si stava riprendendo da 20 anni di fascismo e dalla Guerra Mondiale.

Relazione Júlia Fundital 16/03/11

Si può analizzare la storia di un paese a partire da vari punti di vista: interpretare partire da eventi storici (le grandi date nella storia di un paese: l´indipendenza per il Brasile, l´Unificazione per l´Italia). Si possono considerare prevalentemente le vicende sociologiche: un paese multi cultucultturale (come il Brasile), un paese con una storia di sovrapposizioi di culture, come quella italiana. Si può leggere il paese a partir da fatti economici: che posto occupa un determionato paese nella gerarcgia mondiale, quale la sua tassa di svilupp.o, ecc. Nel caso, la palavra storia viene da Histor (in greco) = che vuol dire testimonio. Poiché Histor è quello che vede e anche quello che sa. Historein (greco) vuol dire cercare di sapere , informarsi. Historie = ricerca (Erodoto e Tucidide: ricerca).
Migrazioni indeuropee (1000 prima di Cristo)

L´italia al centro del Mediterraneo

Si può dire, però, che solo per l’Italia la storia linguistica ha un peso decisivo. Ci sono circa venti famiglie di dialetti (ma un numero molto maggiore di dialetti più specifici: il fiorentino che fa parte della famiglia toscana, ecc.) e quindici lingue straniere ancora parlate in Itallia (da gruppi naturalmente minoritari) . L’Italia (324 mila km quadrati) è poco più grande dello stato di San Paolo (circa 240 mila km quadrati). Immaginiamo quante differenze (parlate: dialetti, lingue) e anche una situazione di conflitto che si crea tra una parlata e l’altra. Si può dire che la differenza tra il dialetto friulano a quello siciliano è maggiore della differenza tra l’inglese e lo spagnolo! Come mai è nata questa situazione? In primo luogo, la penisola italiana è il centro del mediterraneo.




Possiamo identificare alcune date fondamentali:

1000 avanti Cristo l’invasione indoeuropea: gli indoeuropei rappresentano una comunità linguistica (non etnica o “razziale”) che copre un terriotorio molto vasto, dall’Europa a l’India ; nell’ano mille questa communità si è spostata dall’Asia in Europa.
Il 1300. È sorto Dante Alighieri che unifica la lingua italiana, in particolare con la sua teorizzazione del De vulgari eloquentia. , un testo scritto in latino, e che faceva un panorama dell´insieme delle “parlate” nella penisola. Dante identifica 14 parlate e le unifica chiamandole nel loro insieme “la lingua del sì”. Cioè, il contributo di Dante è di trè tipi : ha unificato le parlate italiane con la metafora della “lingua del sì”; ha scritto un´opera monumentale, dichiarando di avere utilizzato tutte le parlate (cioè le ha nuovamente unificate). Finalmente, ha criticato aspramente il fiorentino (parlata che lui usava) affermando che lui stesso scriveva in una lingua più colta e alta. Cioè, Dante ha creato il modello di italiano.

Il movimento fondamentale che accade nella penisola in quel periodo, è un movimento culturale. Ma coincide (o ne è espressione) di un enorme sviluppo del sistema economico, della produzione, dell´aumento demografico: tutto quello che caratterizza il sorgere del capitalismo. Le città italiane sono state le prime città a aderire a questo sistema (Genova, Firenze, Venezia, Roma e Napoli, Milano).



Nel 1500 i vari stati nazionali si costituivano: la Francia, La Spagna, l’Inghilterra, il Portogallo etc... La forza di questi nuovi stati era di molto superiore alle singole città capitaliste italiane, pur essendo queste molto forti. Questo spiega la grande catastrofe che si realizza nel 1494: la Francia invade l’Italia assoldando 20 mila mercenari e sbaraglia le difese delle città italiane. L´Italia diventa in parte una vera e propria provincia o “colonia”, dividendosi in due: al sud una vera e propria colonia (servitù della gleba o schiavitù) e al nord una semicolonia, dove vengono tollerati principi del capitalismo (la mezzadria, un principio protocapitalista).

Jéssica cassemiro e Mariana Braga - Il problema della lingua 14/03/2011

La questione della lingua è decisiva nella storia italiana e si può dire anche che la storia italiana è strettamente legata ad eventi linguistici e culturali (come per tutti i paesi, ma in maniera più accentuata).
Prima dell’unificazione, il territorio che oggi si chiama Italia (la penisola italiana) era diviso in diverse regioni. In ogni regione si parlava un dialetto diverso. Nel 1861 l’Italia è stata unificata e immediatamente è stato imposto l'italiano come lingua ufficiale. Finalmente, la dittatura fascista (1922 – 1943), há voluto influire sull´uso del dialetto (proibendo il tu e istituendo il voi, inoltre proibendo Le parole straniere).
Ci sono due stereotipi che hanno favorito la scelta della Lingua Italiana come lingua ufficiale: uno è Dante Alighieri in quanto padre della lingua ed il secondo è che la Lingua Italiana ha come base il fiorentino, il dialetto di Firenze. In realtà, come tutti gli stereotipi, contiene una parte autentica e uma parte eccessiva. Dante è stato lo scrittore che com mezzi potenti (linguistici, poetici, culturali) ha messo insieme um impasto di lingue, la cui base era il Fiorentino, ma che utilizzava molti elementi (lessicali, grammaticali) di altre lingue regionali o dialetti della sua epoca. É effettivamente um padre della língua, Ed há nella cultura italiana um po´ questa funzione quase psicanalítica. Il fiorentino è effettivamente la base della nuova língua italiana, scelta nel 1861, ma all´epoca di questa scelta, la língua “nazionale” differiva abbastanza dal Fiorentino, che era divenuto um “dialetto”.
Nel 1300 circa, Firenze era la città più importante, si può dire (esagerando un po´) la capitale del mondo (cioè almeno d´Europa) perchè aveva le manifatture più avanzate (rpdoduzione pré industriale). Le prime banche sono nate lì, l’architettura era molto sviluppata, l’arte era avanzata (Giotto già antecipava la prospettiva), inoltre si puó dire che la vita a Firenze in questo periodo è molto simile al mondo contemporâneo o comunque molto meno lontana dalle nostre abitudini, daí nostri gusti, dalla nostra percezione. Come esempio abbiamo l’opera maggior di Boccaccio, il Decameron, dedicato alle donne (non più alle muse), con la presenza di temi erotici, ma anche di temi culturali molto rilevanti (la convivenza delle varie religioni) , la questione del commercio, i viaggi e le avventure....
Ci sono due condizioni che permettono uma maggiore diffusione della creazione artística (pittura, scultura, musica, architettura): la tradizione artistica e la circolazione del denaro per finanziare l’arte.

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Dialetto: una struttura linguistica complessa, con grammatica, lessico ed ortografia che non possiede molta letteratura e non è riconosciuta da uno stato.

Idioma proprio di una determinata comunità, caratterizzato dall'ambito geografico relativamente ristretto, dall'uso perlopiù orale e da particolari funzioni comunicative (può anche essere adottato in espressioni letterarie raffinate). Tale caratterizzazione risulta evidente dal confronto con la cosiddetta “lingua” o “lingua nazionale”, proveniente dalla stessa famiglia, ma assurta storicamente a un ruolo più esteso e complesso, anche istituzionale (è il caso dei dialetti italiani rispetto alla lingua italiana) http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/D/dialetto.shtml